lunedì 26 aprile 2010

Riflessioni di un podista


Un piccolo post dedicato alla copertina di Correre, la rivista di riferimento della corsa, diretta dall'amico e "maestro" Orlando Pizzolato. Quello di guardarsi riflessi nelle vetrine, per controllare il proprio stile di corsa, è un gesto tipico di ogni runner, perfino suggerito dai tecnici. Trovo azzeccata l'idea di averne fatto la copertina del numero di Aprile.

venerdì 23 aprile 2010

D’improvviso e non ti mollano più.


Sapete che periodicamente mi entra in testa una canzone, che mi arriva d’improvviso e spesso dal passato, come questa Pavio do destino che mi ha sorpreso dal mini iPOD che mi accompagnava nella corsa e che adesso continua a seguirmi da giorni. Sergio Sampaio è quello che si dice un “maldito”, fama maledetta per i contrasti che l’hanno portato a rompere ripetutamente con l’industria discografica, l’alcol e altre vicessitudini di cui potete leggere nel lungo articolo di Marco Pisani -quasi una piccola biografia attraverso i testi delle sue canzoni- da cui prendo una parziale traduzione del brano in questione. Pavio do destino è tratta da Cruel, disco postumo del 2006, uscito dodici anni dopo la morte di Sampaio.
Non trovandola nella versione originale, devo proporverla nel pur bella interpretazione di Lenine, da un disco tributo del ’98.





O bandido e o mocinho são os dois do mesmo ninho
Il bandito e il bambino vengono dallo stesso nido
Correm nos estreitos trilhos, lá no Morro dos Aflitos,
na Favela do Esqueleto

Corrono nei vicoli stretti, là sulla Collina degli Afflitti, nella Favela dello Scheletro
São filhos do primo pobre, a parcela do silêncio, que encobre todos os gritos
Sono figli del parente povero, un frammento del silenzio, che copre tutte le urla.
E vão caminhando juntos,
O mocinho e o bandido,
De revólver de brinquedo

E camminano insieme, il bambino e il bandito, con una pistola giocattolo
Porque ainda são meninos
Perché sono ancora bambini
Quem viu o pavio aceso do destino?
... do destino

Chi ha visto la fiaccola accesa del destino? ....del destino
Com um pouco mais de idade e já não são como antes
Ancora qualche anno e non sono più come prima
Depois que uma autoridade,
Inventou-lhes um flagrante
Dopo che qualche autorità, gli ha inventato un flagrante
Quanto mais escapa o tempo
Dos falsos educandários
Mais a dor é o documento
Que os agride e os separa

Quanto più si allontana il tempo dei falsi istituti, tanto più il dolore è la prova, che li aggredisce e li separa
Já não são mais dois inocentes 
Não se falam cara a cara
 Quem pode escapar ileso 
Do medo e do desatino


Non sono più due innocenti/ Non si parlano faccia a faccia/ Chi può sfuggire illeso/ Alla paura e alla follia.

mercoledì 21 aprile 2010

Semplicemente delle belle canzoni: cose volete di più?

Il disco InventaRio, creativo fin dal titolo, è un bel progetto a otto mani firmato da Ferruccio Spinetti, Giovanni Ceccarelli, Dadi Carvalho (fare da ragazzino, ma già un grande della MPB) e Francesco Petreni con il contributo sempre fondamentale di Max de Tomassi, anima di un nuovo asse Italia-Brasile in un ruolo che fu in passato del grande Sergio Bardotti.
Al progetto aderiscono tanti ospiti illustri tra cui Pacifico e Marisa Monte che interpretano questa versione italo-brasiliano di un brano di Arnaldo Antunes e Dadi (Da Aurora até o Luar molto, molto antunes-siana, cullante nella musica, evocativa nel testo). Forse l’avete sentita per radio, proposta spesso da Caterpillar e, leggo ora, anche da Fabio Volo.


Dall'alba al tramonto
Marisa Monte e Pacifico


Olho de janela
Sguardo dalla finestra
Nuvem de algodão
Nuvola di cotone
Pele de flanela
Pelle di flanella
Sopa de vulcão
Zuppa di vulcano
Borda de caneca
Bordo della tazza
Bola de papel
Palla di carta
Ferro na boneca
Ferro nella bambola
Lágrima de mel
Lacrime di miele

Música vermelha
Musica rossa
Pássaro de flor
Uccello di fiore
Chuva sobre a telha
Pioggia sopra ai coppi
Beijo de vapor
Bacio di vapore
Riso no escuro
Risate nel buio
Lua de beber
Luna da bere
Voz detrás do muro
Voci dietro il muro
Medo de morrer
Paura di morire

sabato 17 aprile 2010

1,X,2


Il calcio ha occupato gran parte del nostro tempo, quando ancora non separavamo il tempo libero da quello “impegnato”. Abbiamo giocato e masticato calcio in tutte le forme possibili, dalla sabbia al subbuteo, dalle figurine ad improbabili cortili con sassi grossi quanto il pallone, dove distruggere scarpe e piedi (più volitivi che buoni), palloni da recuperare scavalcando muretti, o nell’acqua di una roggia, o sotto le ruote di auto, non in tutti i casi parcheggiate. Dietro questo calcio inventato in mille forme diverse c’era spesso la mente di Enzo, uno capace di giocare al pallone anche in casa, come tutti, ma lui pure con le scarpe da calcio ai piedi, coi tacchetti a scivolare sulla cera fresca di lucidatrice. Penso che proprio ad Enzo (formidabile memoria calcistica, tanto da diventare campione in una trasmissione Rai condutta dalla fatina Elmi) si debba l’invenzione di una fantasiosa strategia per inseguire l’ambito 13 sulla schedina del totocalcio. Il tutto avveniva il sabato pomeriggio, l’età esatta non la ricordo, ma saranno stati i nostri tredici, quattordici anni. Ci dividevamo un tot di partite a testa (come avremmo più tardi diviso i soldi della schedina giocata) e simulando la telecronaca di tuttoilcalciominutoperminuto, ognuno nelle veci e nelle voci dei vari Ameri o Ciotti, inventavamo la radiocronaca delle partite in schedina. Ognuno era libero di decidere marcatori e risultato delle proprie partite e così le nostre divinatorie telecronache diventano l’ossatura della schedina, di lì a poco giocata nella ricevitoria più vicina. Si aggiungeva qualche minima doppia, per le partite più incerte, quanto potevano permettere i nostri risicati budget e si aspettava poi l’esito del campo, il giorno dopo. Siam tutti qui, trenta e passa anni dopo, a tirare ancora la carretta e questo vi basti per capire quanto fosse efficace il nostro metodo. Certo, perdere per perdere, così era almeno divertente. Oggi Enzo, blucerchiato dalla testa ai piedi, può vedere la sua Samp ogni volta che gli pare, visto che i giri della vita l’hanno portato nuovamente a Genova e pure in zona stadio. Io son sicuro che qualche volta, a casa, al posto delle pantofole metta ancora le scarpe coi tacchetti.

La canzone Far niente che ho scelto per “commentare” questo post dei ricordi è di uno straordinario giovane Chico ed è presente in un singolo e in un album italiano del 1969, Chico Buarque na Itália. L’originale Bom Tempo è uscita nel 1969, solo come singolo, insieme ad Ela desatinou.
Devo dire che, di “queste” domeniche, in questi mesi, ne ho vissute poche, ma son pronto a recuperare in questo periodo primaverile che (sbrigato il sabato l’impegno con la corsa) mi consentono domeniche più pigre. La canzone parla anche di calcio, ovviamente, e credo sia la prima canzone in cui Chico dichiara la sua passione per il tricolore della Fluminense, fede calcistica trasmessagli (diversamente da quanto avvenne per l’amico Enzo) non dal papà ma dalla mamma Maria Amélia, che recentemente ha pure festeggiato i 100 anni. Così racconta Beto Xavier nel suo libro “Futebol no país da música”.
Sergio Bardotti, autore della versione italiana, traduce e “tradisce” i tre colori del testo di Chico (il tricolore della divisa della Fluminense, bianco, verde e rosso granata) in una tripletta di goal. "Satisfeito, a alegria batendo no peito / O radinho contando direito / A vitória do meu tricolor" diventa così “Pomeriggio di calcio di calcio /
Che bella che bella partita /
Scommetto che oggi facciamo tre gol /
Tre gol”
Penso che ascoltare questa canzone la domenica mattina faccia bene al cuore: se poi le cose per la propria squadra dovessero andar proprio male, potremmo sempre consolarci con uno Stock 84.

Chico Buarque Far niente


Bom tempo - Chico Buarque e MPB-4
(da Programa Ensaio 1973)

domenica 11 aprile 2010

È forse il più letto scrittore brasiliano, ma non ne ho mai letto un libro.


Parlo di Paulo Coelho, ovviamente. Nessuno snobismo, non l’ho letto perchè non mi è mai capitato di farlo: anzi se qualcuno mi consigliasse un titolo lo farei volentieri. Ma non è di questo che volevo parlare. Volevo parlare di misurazione temporale del lavoro creativo, criterio adottato anche nella nostra agenzia per quantificare il valore economico di un progetto. Lo si fa da noi, lo si fa in molte altre agenzie. Detto in soldoni ogni lavoro, da una campagna pubblicitaria ad un folder, ha un numero di commessa e tutti coloro che vi partecipano registrano quotidianamente il tempo dedicato a quel progetto, dall’ideazione all’esecuzione finale. Sul metodo si sono sollevate spesso delle perplessità, funziona non funziona, ha un senso non ne ha. Ci sarebbe da parlarne a lungo, ma diventerei noioso. Cosa c’entra in tutto questo il nostro Paulo Coelho? L'autore ha adottato il criterio della nostra agenzia per il suo nuovo romanzo “The Aleph” (come i racconti di Borges) al quale avrebbe finora dedicato 560 ore per la prima stesura che ha prodotto 70.074 parole. Visto il contenuto “mistico” che Coelho attribuisce al nuovo libro, non so se per contare i minuti Paulo abbia usato l’orologio del pc o una più mistica clessidra, che in portoghese ha il bel nome di "ampulheta". Proprio come il titolo del pezzo che apre l’album di Daniel Lopes “Mais e mais refroes” dello scorso 2009.

sabato 3 aprile 2010

Parlare ancora di politica?


Per tutti questi mesi ho evitato qualsiasi accenno alla politica, presente ogni tanto nei post del passato. Questa però è divertente e probabilmente non vi sarà sfuggita. A commento del risultato elettorale, Bersani dice di non poter cantar vittoria MA NEANCHE parlare di sconfitta. Qualcuno ha quindi sintetizzato il cambiamento dalla segreteria Veltroni a quella Bersani, come passaggio dal “ma anche” al “ma ne-anche”. Sintesi lapidaria (e sottolineo lapidaria). Come Zamparini al Palermo, qualcuno vorrebbe già cambiare allenatore (Francesco Boccia: ''Sento aria di toto-allenatore”). Cosa che ha fatto esplodere Giuseppe Civati in un “da questo punto di vista, mi sono rotto i cognomi”. Tra i cognomi fatti, mi sembra di aver sentito nominare perfino Martina Veltroni (nella foto al seggio) figlia di... Insomma la politica continua ad essere una cosa divertente.

giovedì 1 aprile 2010

Quando Robi incontrò lo sguardo di Chico.


Roberta, gentilmente, mi manda una cronaca dell’incontro tra Chico ed i suoi fan. Un’occasione per vederlo, come ci scrive, da pochi centimetri. Che invidia! Robi torna adolescente, Chico resta un bimbo. Grazie Robi (e grazie Chico, ovviamente).

“E accadde che Chico Buarque era a pochi centimetri da me!ad intervistarlo c'era Gino Castaldo, e a tratti Chico parlava in un italiano più chiaro e fluente del suo. Chico era solare, ironico, tranquillo, ma pienamente borghese e a suo agio. Si è parlato di “Latte versato”, del suo rapporto con la memoria e la scrittura, più di letteratura che di musica. Domanda d'uopo: "quando fai un concerto in italia?". Ma per lui il concerto è ormai un lavoro, non ama farne; l'arte è stata nella creazione, nei suoi primi anni, nelle collaborazioni con Edu lobo, Vinicius (che nomina spessissimo) etc. Sembrava un pò stanco di tutta la giostra. Domande dal pubblico, e tra loro Gianni Minà, che da grande qual è, gli domanda: "dopo una canzone come Construçao, di una poesia e un'attualità mai sopite, quando scrivi nel tuo verso più bello che il protagonista cadde contromano intralciando il traffico... pensi che ci sia ancora spazio per canzoni del genere in questa industria musicale?". Non poteva intervistarlo lui??? Gino Castaldo aveva quell'atteggiamento reverenziale/scontato, che non affondava e non colpiva, sembrava una valletta di Sanremo.
Ho collezionato un autografo sul libro, ma avrei voluto lanciargli una chitarra e pregarlo di cantare! A quest'uomo veramente non manca niente. Mi sono emozionata come un'adolescente, per me è un emissario della Poesia che vive, canta e gioca a futebòl tra noi.

p.s. e con ben 66 anni, credetemi.. è UN BIMBO!

Chico Buarque a Roma - 1° parte
Chico Buarque a Roma - 2° parte
Chico Buarque a Roma - Straordinari aneddoti su problemi di traduzione