Wilson Kipsang, nuovo primatista mondiale nella maratona
domenica 29 settembre 2013
Post con dedica
Sarei voluto tornare dal concerto di Patrizia Laquidara, ieri sera, nell’insolita sede delle Fonderie di Montorso, e mettermi a scrivere con la musica ancora nelle orecchie. Invece le consuete carte e la necessità di scrivere-per-sopravvivere anche di domenica, mi porta lontano da quello che vorrei dire per dedicarmi a quello che dovrei-e-devo fare. Fine dello sfogo.
L’ho scritto in passato e lo ripeto adesso. Conosco pochissimo Patrizia Laquidara (da poco tornata da una tournée brasiliana) ed il suo repertorio
(che brutta espressione). Ho iniziato a colmare la lacuna con il live di ieri e
con l’acquisto dell’album Funambola dopo il concerto (peccato non fosse
disponibile anche Il Canto dell’Anguana ). Che dire. Ho fatto male a non farlo
prima.
Patrizia Laquidara ha una voce per cui si potrebbero sprecare gli aggettivi, per cui ne
scelgo uno solo “consapevole”. Una presenza misurata al servizio della musica
più che del personaggio (che ha, com’è evidente, la sua fascinosità). Una scelta musicale difficilmente classificabile e che
definire eclettica sarebbe limitativo (leggere le cose che ha fatto, fa girare un po' la testa): parlare di una somma tra jazz, etno, folk, bossa o mpb o
quel che volete non mi sembra corretto, perché quello che ho ascoltato ieri
sera non è stata certo un’operazione aritmetica. Ho ascoltato un’autrice
interprete che ci ha regalato anche qualche cover (tra cui il sonno mattutino
con tanto di sbadiglio, di chi passa la notte tra samba e amore, nel primo dei
bis) che non nasconde le sue ispirazioni, ma propone soprattutto una precisa
identità autorale e musicale. Con uno splendido trio dove allo strumento vocale
di Patrizia si sono uniti il basso di Davide Garrattoni e le chitarre di
Giancarlo Bianchetti. Vorrei raccontare di più, ma il tempo è scaduto: torno alle
sudate e tediose carte. Mi consolerò con il cd portato a casa e con la dedica
che Patrizia ha regalato ai lettori del blog.
Rose (dall’album Indirizzo Portoghese)
Etichette:
dissensi2013,
Funambola,
patrizia laquidara
venerdì 20 settembre 2013
“E che c’ho scritto Jo Condor?”
Enrico Letta, oltre al fatto
del Subbuteo che mi coinvolge direttamente, dimostra ancora una volta il suo
orizzonte generazionale (esiste ‘sta definizione?). Per dire che non è mica
fesso ricorre ad uno slogan cult della pubblicità inizio anni settanta, quando
le parole della pubblicità entravano nel dizionario o quanto meno nella lingua
parlata. Sarei curioso di sapere fino a quale età e generazione questa
espressione dice ancora qualcosa. Tant’è che TGCom 24, ma immagino anche altri
media, sentono la necessità di spiegare chi fosse Jo Condor. Fa comunque
piacere che il lavoro di “noi” copy (scribacchini pubblicitari, come dovrei
mettere nel biglietto da visita) possa ancora tornare utile alla comunicazione
anche da parte delle massime cariche dello Stato. Ricorderei ad Enrico un altro
slogan di Jo Condor “non c’ho il paracadute, non c’ho la mutua” (per molti copy
e lavoratori del terziario cosiddetto avanzato, molto attuale) ma questa è
un’altra questione e servirebbe un altro blog.
Etichette:
copywriter,
Enrico Letta,
Jo Condor,
pubblicità
giovedì 19 settembre 2013
Egli mi ha dato un bacio sulla bocca
Questa foto ritrae il bacio tra Caetano e Gil che, insieme ad altri baci, hanno sostenuto una campagna di protesta (Feliciano não me representa) contro le dichiarazioni omofobe del pastore evangelico Marco Feliciano.
Ma questo bacio e prima ancora l’iniziativa dei
grillini mi hanno fatto subito ricordare un altro beijo, quella di un classico della
scrittura di Veloso “Ele Me Deu Um Beijo na Boca”, dialogo immaginario tra Cae
e Gil. Eccola qui con tanto di traduzione, ‘sta volta facile, prechè presa dal
libro di Paolo Scarnecchia Musica Popolare Brasiliana, gammalibri – 1983. Solo il testo
italiano perché il pezzo è di quelli belli lunghi. Baci in bocca a tutti,
ovviamente.
Ele me deu um beijo na boca
Egli
mi ha dato un bacio sulla bocca dicendomi:
La
vita è vuota come la cuffia
Di
un bebè senza testa
E io
ho riso a più non posso
E
lui: come la testa di una volpe ubriaca
E io
ho detto: basta con le tue storie
Di
pozzo senza fondo
E io
so che il mondo
E’ un flusso senza letto
Ed è
soltanto nel cavo del tuo petto
Che
corre un fiume
Ma
egli concordò che la vita è buona
Sebbene
sia appena una corona:
La faccia
è il vuoto
Ed
egli rise e rise e rìse e rideva
E io
dissi: basta di filosofia
A me
bastava che il sindaco desse una sistemata
Alla
città di Bahia
Questo
fatto riguarderebbe tutta la gente della terra
E
noi vedremo nascere una pace bollente
I
figli nella guerra fredda
Sarebbe
un antincidente
Come
una rima
Disinnescando
il disegno di quella profezia
Che
mi raccontò Vicente
Secondo
l’astronomia
In
novembre dell’anno che inizia
Sette
astri si allineeranno sullo scorpione
Come
nel giorno della bomba di Hiroshima
Ed
egli mi guardò
Dall’alto e disse rivolto a me:
Delfim,
Margareth Thatcher, Menahem Begin
La
politica è la fine
E
che la critica non tocchi la poesia
II
giornale Time dice che i Rolling Stones
Già
non appartengono più al mondo del Time
E io
dico (Lui ha detto):
Che
quello che non appartiene più è il Time
Nel
mondo degli Stones, forever rockin’ and
rollin’
Perché
indurre il disprezzo per i vivi
E
fomentare desideri reattivi
Apache,
punks, esistenzialisti, hippies, beatniks
Di
tutti i tempi innovati
E io
dissi si, ma si, ma no, non è questo
Soltanto
alcuni santi, al limite, nelle loro dimore
E
solitari
Ma
egli mi parlò: tu sei triste
Perché
la tua dama ti abbandona
E tu
non resisti, quando lei compare
Arriva
e instaura il suo cosmetico caotico
Tu
cominci a guardare con occhio gotico
Di
cristiano legittimo
Ma
io sono negro, fratello mio
Io
so che questo non annulla, ma per fino attiva
Il
vecchio ritmo mulatto
E il
leone ruggisce
Il
fatto è che c’è un istmo
Tra
il mio dio
E le
tue divinità
Io
sono del clan di Djavan
E tu
sei un fan di Donato
E
non ci interessa il trip cristiano
Di
Dilan Zimmerman
Ed
egli ancora direbbe altro
Ma
la canzone deve finire
Ed
io risposi:
Il
dio che tu senti è il dio dei santi
La
superficie iridescente di una bolla vuota
I
miei dei sono teste di bebè senza cuffia
Era
un momento senza paura e senza desiderio
Egli
mi ha dato un bacio sulla bocca
E io
ho cor risposto quel bacio
Etichette:
Caetano Veloso,
Ele me deu um beijo na boca
domenica 15 settembre 2013
Morto l'uomo più vecchio del mondo.
Dice il servizio alla radio. 112 anni. Ed aggiunge: " Qual'è il segreto per vivere a lungo?".
"Non morire" penso subito. Intanto il giornalista intervista il presidente di "Italia Longeva", l'associazione che ancora mi mancava. Sopravviverà anche il blog? Mangando verdura e vivendo sereni, forse sì.
E, come mi piace, provo la solita combinazione speciale con la musica brasilana. Un classico delle dediche al papà, ovviamente di Roberto Carlos, che il giovane Michel Telo, nuovo astro del tormentone made in brasil, dedica al baffuto, e non ancora tanto vecchio, papà presente in sala.
E intanto, grazie all'ottima tinta e alle ottime creme, il settantaduenne Roberto non conosce il problema dei cabelos brancos né delle rugas marcadas pelo tempo. Testo inevitabilmente "retorico", ma perfetto, che commuoverebbe ogni buon papà.
"Non morire" penso subito. Intanto il giornalista intervista il presidente di "Italia Longeva", l'associazione che ancora mi mancava. Sopravviverà anche il blog? Mangando verdura e vivendo sereni, forse sì.
E, come mi piace, provo la solita combinazione speciale con la musica brasilana. Un classico delle dediche al papà, ovviamente di Roberto Carlos, che il giovane Michel Telo, nuovo astro del tormentone made in brasil, dedica al baffuto, e non ancora tanto vecchio, papà presente in sala.
E intanto, grazie all'ottima tinta e alle ottime creme, il settantaduenne Roberto non conosce il problema dei cabelos brancos né delle rugas marcadas pelo tempo. Testo inevitabilmente "retorico", ma perfetto, che commuoverebbe ogni buon papà.
Etichette:
Meu Querido Meu Velho Meu Amigo,
Michel Telo,
Roberto Carlos
Iscriviti a:
Post (Atom)